Uso indebito della carta aziendale, la transazione non fa scattare la bancarotta riparata
Corte di Cassazione, Prima Sezione Penale, Sentenza 20 aprile 2022, n. 19887
Un Tribunale lombardo dichiarava responsabile un componente di un consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata, per il reato di bancarotta fraudolenta, a seguito dell’utilizzo illecito della carta di credito aziendale per scopi diversi all’attività di impresa.
Avverso la decisione della Corte d’Appello di Milano, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione. Il ricorso è stato rigettato.
Nel caso in esame, i giudici di secondo grado avevano escluso che alla transazione con la quale il ricorrente aveva rinunciato all’indennità di buona uscita e ad altre voci stipendiali fossero associabili gli effetti della c.d. bancarotta riparata, in quanto aveva rinunciato a quelle pretese, ma non aveva restituito i beni distratti prima della dichiarazione di fallimento.
Si ricorda infatti, che «la bancarotta riparata si configura, determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori o anche solo la potenzialità di un danno».
La Corte d’Appello, quindi, non aveva fatto buon governo dei principi richiamati, sottraendosi alla necessaria valutazione in ordine alla fondatezza delle “pretese” e all’individuazione dell’entità delle spettanze dell’imputato e, dunque, delle somme risparmiate dalla società e dalla procedura fallimentare in virtù dell’accordo transattivo.
Specifica infatti il Collegio, che «i prelievi delle somme e l’utilizzo della carta di credito aziendale non sono messi in discussione dal ricorrente, il quale esclude invece che gli stessi configurino distrazione per la sostanziale restituzione delle somme».
Ancora, la Corte di Cassazione sottolinea che «una restituzione siffatta è rilevante (si parla in proposito di bancarotta “riparata”) nel momento in cui la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della dichiarazione di fallimento ed impedisca l’insorgenza di alcun effettivo pregiudizio per i creditori» (Cass. n. 3622/2006, n. 8402/2011 e n. 4790/2015).
Nel caso in esame, poi, in ragione della rilevanza degli importi, può ragionevolmente affermarsi che tali atti distrattivi hanno avuto ripercussioni negative per la garanzia dei creditori.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.