Fusione per incorporazione: la legittimazione attiva della società incorporata conseguente alla sua estinzione
Alessandra Francesca Giganti – Junior Associate Nomos – Studio Legale e Tributario
Cassazione Civile, Sez. Unite, 30 luglio 2021, n. 21970 – Pres. Spirito, Rel. Nazzicone
Nell’ambito di una fusione per incorporazione, la società incorporata si estingue e, di conseguenza, non può avviare un giudizio in persona del suo ex amministratore, potendo, tuttavia, la società incorporante, spiegare intervento in corso di causa, ai sensi dell’art. 105 cod. proc. civ., nel rispetto delle regole che lo disciplinano.
Il suesposto principio di diritto è contenuto nella sentenza indicata in oggetto e si pone in contrasto con un precedente orientamento delle stesse Sezioni Unite in materia (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 2637/2006), le quali, anche a seguito della riforma introdotta dal D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, escludevano che la fusione per incorporazione determinasse l’interruzione del processo ex art. 300 cod. proc. civ.
La decisione degli Ermellini del 2006 è stata poi confermata da diverse pronunce, le quali, in argomento, hanno richiamato la vicenda dell’incorporazione come “meramente evolutivo-modificativa”, escludendo, dunque, l’effetto successorio ed estintivo (cfr. Cass. Civ., n. 18188/2016).
Nel caso esaminato dalle Sezioni Unite del 2021, una società a responsabilità limitata, già cancellata dal registro delle imprese in quanto oggetto di fusione per incorporazione in un’altra società a responsabilità limitata, agiva in giudizio al fine di ottenere l’accertamento della simulazione ovvero, in subordine, la revoca ex art. 2901 cod. civ. di due successivi contratti di compravendita.
Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda avanzata dalla società incorporata, riconoscendone, dunque, preliminarmente la legittimazione ad agire.
In sede di gravame, la Corte di Appello rigettava la proposta impugnazione, confermando la decisione del Tribunale e, quindi, ritenendo la validità dell’atto introduttivo del primo giudizio avanzato dalla società incorporata, poiché la fusione, in conformità a quanto disposto dall’art. 2504 bis cod. civ., costituisce una mera vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto, il quale permane e conserva la propria identità, anche se in un diverso assetto organizzativo.
Tale conclusione non è stata condivisa dal Supremo Consesso, il quale – evidenziando che la società incorporata ha cessato da lungo tempo i propri organi amministrativi dalle funzioni di legale rappresentanza – ritiene che la stessa società incorporata sia priva di capacità e legittimazione ad agire poiché estinta.
Nonostante tale statuizione, la Corte di legittimità, nella sua massima composizione, rigetta il ricorso presentato dalla incorporata, rilevando che, nel corso del giudizio di primo grado, la società incorporante è utilmente intervenuta, facendo propria la domanda iniziale e, così, ottenendo l’esclusione di qualsivoglia nullità del processo, sia per la prefata natura meramente modificativo-evolutiva della fusione, sia per la sopravvenuta costituzione nella causa.
Le Sezioni Unite, conformemente alle disposizioni dettate dal Codice Civile, nonché a quelle derivanti dal diritto comunitario (cfr. direttiva 2005/56/CE; Corte di Giustizia, 5 marzo 2015, C-343/13), affermano che non può considerarsi validamente avviato un processo da parte o nei confronti di una società incorporata.
Tuttavia, la Suprema Corte chiarisce che non si perverrebbe al medesimo assunto qualora la fusione sia sopraggiunta, ossia si realizzi nel corso del giudizio. In tal caso, si tratterebbe, infatti, ai sensi dell’art. 2504 bis cod. civ., di una prosecuzione dell’incorporante in tutti i rapporti giuridici delle società incorporate, anche processuali, così da evitare l’applicazione dell’interruzione del processo in caso di fusione di società.